Negli ultimi tempi c’è stato un gran parlare di molestie
sessuali, abuso di potere, violenze, soprattutto a seguito del caso Weinstein,
il famoso produttore cinematografico americano, accusato di stupro da molte
donne dello spettacolo. Questo caso ha scatenato una serie di denunce di
molestie da parte di donne che, dopo anni di silenzio, sono riuscite a trovare
il coraggio di parlare.
Eppure, in queste situazioni, soprattutto nel nostro Paese,
spesso accade che la vittima si trovi a dover giustificare prima il suo
silenzio, e poi il suo comportamento che avrebbe potuto “provocare” o
“favorire” la violenza; come se il non essere riuscita a evitare l’abuso fosse responsabilità
anche della vittima, magari perché indossava un vestito scollato o perché il
panico e la paura non le hanno permesso di scappare o perché per anni ha
sopportato in silenzio.
Non essendo la materia giuridica un mio campo specifico, mi
soffermo a riflettere su quale tipo di cultura riesca a produrre questo
pensiero sessista: è possibile che ancora oggi in Italia bisogna lottare per
questo? Siamo ancora sull’idea che una donna può in qualche modo essere
responsabile di una molestia per un suo comportamento?
Qualche giorno fa ho letto un articolo di mia sorella,
consulente di immagine, in cui sfogava la sua frustrazione nel sentirsi spesso
limitata nella scelta dell’abbigliamento per evitare “complimenti” e volgarità di
simpatici gentiluomini, spiegando come la fanno sentire un po’ carne da
macello. Ciò che mi ha lasciata perplessa sono stati i commenti che hanno seguito
questo articolo: non solo ci sono stati molti uomini che hanno giustificato
questa loro discutibile abitudine come degli apprezzamenti per la bellezza di
una donna, ma, ancora più grave, molte sono state le donne che hanno affermato di
gradire certe attenzioni e addirittura di sentirne la mancanza quando non ci
sono.
https://www.buongiornoprincipessa.net/a-bella-complimento-o-molestia/?fbclid=IwAR2cktAcTvHPygSr7BM9PZuDahMh8QShjGEoG2cwBRSFY0y1LeuZNk18LaA
Mi chiedo, dunque, se non sentiamo noi donne per prime il
bisogno di essere viste come persone e non come un corpo da spogliare con gli
occhi; se siamo noi ad educare le nostre figlie a vestirsi in modo da non
provocare gli uomini e non come fa star bene loro; noi a vantarci quando i
nostri figli collezionano ragazze come figurine; noi che accettiamo volentieri
che un “uomo” ci fischi dall’auto, come potrà cambiare qualcosa?
Dott.ssa Valentina Marocco