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sabato 7 aprile 2018

L'ADOLESCENTE: QUELLA STRANA CREATURA!


Ad un certo punto della vita un genitore si ritrova a convivere con una strana creatura che dorme nella cameretta del figlio, si chiama come lui ma non assomiglia affatto a lui. Il genitore lo guarda e, invece di trovare il dolce sorriso del suo bambino, ha davanti un adolescente imbronciato!

Ma cos’è l’adolescenza?

Possiamo definirla come il tempo della metamorfosi; la metamorfosi somatica riguarda il cambiamento ormonale e corporeo: l’adolescente non si riconosce e può mettere in atto una serie di accorgimenti per camuffare un corpo indesiderato attraverso il trucco, i piercing o i tatuaggi.

La metamorfosi della personalità ha a che fare con la trasformazione dell’Io e delle relazioni familiari: i rapporti dentro casa devono essere rinegoziati.
La metamorfosi sociale mette a confronto l’adolescente, non più solo con l’ambiente familiare, ma con il gruppo dei pari: l’amicizia a questa età ha lo scopo di facilitare la transizione dalla vita protetta all’interno della famiglia a una vita indipendente nel mondo degli adulti. L’identificazione con il gruppo dei pari costituisce un punto di riferimento fondamentale per affrontare i momenti più critici della propria esperienza di crescita.


Questo stravolgimento conduce il ragazzo nel profondo di una crisi d’identità, nella quale i punti di riferimento precedentemente noti e stabili, come i genitori, perdono la loro valenza e la loro funzionalità.

Tale crisi fa si che l’adolescenza sia anche il periodo dell’insicurezza e della paura e di fronte a quest’ultima si attivano i meccanismi di difesa di fuga e violenza. La fuga può manifestarsi con una reale fuga da casa o come una fuga psicologica: la depressione come fuga all’interno di sé, l’isolamento come fuga dagli altri. La violenza, invece, può essere messa in atto attraverso gesti distruttivi verso gli altri, verso la famiglia o la società, oppure contro se stessi con droga, alcol, disturbi alimentari, autolesionismo.

Bisogna sottolineare che l’insicurezza e la paura in adolescenza non sono un male o una psicopatologia, ma sono ingredienti fondamentali per la crescita: attraversando questa crisi profonda il ragazzo impara a conoscersi, a misurarsi e a confrontarsi con il mondo.

E quindi cosa possono fare i genitori?

Anche per i genitori questo è un periodo ricco di cambiamenti: devono imparare a tollerare l’ansia, la paura, l’incertezza e il senso di inadeguatezza che essi provano davanti a un figlio che non riconoscono più. Il gruppo dei pari viene percepito con apprensione, con la paura che possa rappresentare una cattiva compagnia.

È importante ricordare che per l’adolescente il bisogno di indipendenza e di separazione è tanto forte quanto l’esigenza di appartenere. La sua paura di crescere è tanta e il suo bisogno più forte è sapere che non è solo. La famiglia, quindi, deve cercare di raggiungere un equilibrio fra due compiti opposti: da un lato promuovere e favorire la svincolo dell’adolescente e  dall’altro, quello di essere una base sicura per il ragazzo, soprattutto nei momenti di difficoltà. I genitori devono far capire al figlio che hanno fiducia in lui, che lo ritengono competente, accettandone le opinioni e chiedendone il punto di vista nelle discussioni.

È facile per una famiglia entrare in crisi in questo periodo: bisogna mettere in campo tutte le risorse necessarie per mantenere un equilibrio e a volte può essere utile chiedere un aiuto esterno.

Dott.ssa Valentina Marocco




martedì 3 aprile 2018

IO NON SONO COME MIA MADRE

“Non sono come mia madre”
 “Mio padre faceva sempre così, quindi anche io mi comporterò allo stesso modo”
 “Con mio figlio non farò quest’errore!”
 “Se questa cosa ha funzionato con me, funzionerà anche per mio figlio”

A quale genitore non è capitato di fare un pensiero di questo tipo? Che si voglia seguire lo stile educativo dei nostri genitori o si provi a fare l’esatto contrario, una cosa è certa: quando si diventa mamma o papà, l’immagine che abbiamo dei nostri genitori influenza le nostre scelte!

La relazione con i genitori è la prima finestra sul mondo di un bambino: attraverso di essa impara a conoscere se stesso, i suoi bisogni e come soddisfarli; inoltre è il primo confronto con l’altro, il mezzo attraverso il quale apprende se il mondo è un posto sicuro o meno. Sarà quindi semplice comprendere quanto questo rapporto influenzerà tutti i rapporti futuri, in particolar modo quello con i propri figli.

Quando questo può diventare un ostacolo?

Se, attraverso una riflessione, consideriamo le scelte educative dei nostri genitori giuste, coerenti con i nostri valori e adeguate anche per i nostri figli, sarà facile seguirle. Anche nel caso in cui non le condividiamo, la scelta di fare diversamente sarà altrettanto scontata.

A volte capita però di non essere così consapevoli e di agire più d’istinto, inserendo il nostro pilota automatico interno: in questo caso diventano evidenti le influenze dei nostri primi legami e di come veniamo condizionati anche in età adulta da essi.
Le scelte fatte con poca consapevolezza, spesso rispondono più ai nostri bisogni, alle nostre aspettative, ai nostri desideri, che a quelli dei nostri figli. 

 Situazioni di stress, stanchezza, malessere possono facilitare l’uso del pilota automatico: se, per esempio un nostro genitore era solito alzare la voce e rivolgersi a noi in modo aggressivo per riprenderci, è molto probabile che questa possa diventare anche una nostra modalità comportamentale; oppure si può fare fatica a tirare fuori la rabbia per paura di non saper gestire l’aggressività.
In entrambi i casi ci allontaniamo dal nostro compito genitoriale, per soddisfare il nostro bisogno di gestire la rabbia.

Imparare a conoscere se stessi come genitori è fondamentale: chiedersi che tipo di genitore si vuole essere, quali sono i nostri obiettivi, essere consapevoli di cosa vogliamo ottenere attraverso un’azione, una frase o un gesto. Sarà poi ancora più importante imparare a conoscere i propri figli: ognuno di loro ha una personalità e dei bisogni specifici e ogni scelta va fatta pensando alla loro unicità.

Il processo di consapevolezza e accettazione di sé è un lavoro che dura tutta la vita, e come affermava Carl Rogers, “quando mi accetto così come sono, allora posso cambiare”.


Dott.ssa Valentina Marocco