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giovedì 29 marzo 2018

LE RISORSE DEI BAMBINI


Per alcuni anni ho lavorato come operatrice presso un centro diurno della mia città: mi occupavo di un gruppo di circa 7 bambini, seguendoli nei compiti per casa e in altre attività ludico-ricreative. Conobbi così una bambina, dagli occhi tanto dolci quanto tristi. Quando ci incontrammo la prima volta doveva ancora compiere 7 anni, era alla fine del secondo anno di scuola primaria e una delle prime cose che mi disse fu “io non so leggere”. Effettivamente la sua lettura era molto stentata, avveniva “lettera per lettera” e successiva fusione in sillabe, con molti errori di scambio lettere (soprattutto b/d, a/e, a/o…) e molte parole sostituite con non parole. La comprensione era praticamente assente e anche la scrittura era lenta e gli errori di tipo fonologico erano tanti. Osservando queste sue difficoltà, pensai subito di trovarmi davanti ad un caso di Dislessia: ne parlai con la mia responsabile che a sua volta si confrontò con i genitori della bambina.

Purtroppo, a causa della lunga lista d’attesa dell’ASL, per ottenere una valutazione impiegammo quasi due anni! Ciò che mi ha stupito e a tratti confuso è quel che accadde in quest’arco di tempo in cui aspettavamo la valutazione: attraverso un lavoro mirato all’aumento dell’autostima, dell’autonomia, della conoscenza e dell’accettazione di sé, la bambina ha tirato fuori delle risorse e delle abilità (anche nell’apprendimento) a dir poco inaspettate!


A metà del quarto anno di scuola primaria, arrivò la diagnosi di Disturbo dell’Apprendimento e tutto ciò che essa comporta, quindi misure compensative e dispensative a scuola. Ero stata la prima a sostenere l’importanza di intraprendere questo percorso e tutt’ora credo che una diagnosi può evitare anni di frustrazione ai bambini e alle loro famiglie. Eppure mi ritrovavo davanti una bambina che aveva iniziato a divorare un libro dietro l’altro, leggendo con passione, anche se alcuni errori erano ancora presenti. Acquisì molta sicurezza, divenne una bambina vivace, socievole e determinata. Era sempre stata consapevole delle sue difficoltà nell’apprendimento, ma le affrontava con una grinta diversa.

Quest’esperienza mi fece riflettere molto. Da neo-psicologa avevo imparato a inquadrare ogni bambino in base alle sue difficoltà: c’era il dislessico, l’iperattivo, il disgrafico, quello con disturbi di condotta, ecc… ma queste etichette sono effettivamente utili a conoscerlo veramente? Continuo a sostenere che, in molti casi, una diagnosi è fondamentale per garantire un sostegno adeguato al bambino e alla sua famiglia. Penso anche che, a volte, si possono accantonare e provare a vedere il bambino nella sua interezza, a scoprire e valorizzare quelli che sono i suoi punti di forza. Sono fermamente convinta che quando una persona si sente vista e accettata così com’è, riesce a tirare fuori delle risorse davvero inaspettate!

 Dott.ssa Valentina Marocco

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