Possiamo considerare la
famiglia come “un sistema aperto che funziona in relazione al suo contesto
socio-culturale e che si evolve durante il ciclo di vita”(Walsh, 1986, p.53).
Le fasi del ciclo vitale
della famiglia sono scandite da eventi normativi (matrimonio, nascita di un
figlio, morte di un genitore anziano,…) ed eventi paranormativi (malattie,
morti improvvisi, divorzi, traslochi,…).
Ad ogni tappa la famiglia
ha bisogno di ristrutturarsi. Cambiano le priorità, la routine quotidiana, gli
obiettivi e soprattutto i ruoli. Basti pensare alla nascita del primo figlio:
oltre alla gioia, quest’evento porta ad uno sconvolgimento di tutto il sistema. C’è
un vero salto generazionale in cui i genitori diventano nonni, i fratelli zii e
i figli diventano genitori; inoltre i partner, da che erano solo una coppia, ora
condividono la nuova funzione genitoriale.
Per affrontare questi
cambiamenti, la famiglia ha bisogno di
mettere in campo ogni risorsa disponibile per raggiungere un nuovo
equilibrio. Quando ciò non avviene, il sistema si trova bloccato e può capitare
che uno o più membri esplicitino il malessere attraverso dei sintomi.
Possiamo
considerare la diagnosi di un figlio con Disturbo dell’apprendimento, come
qualsiasi altra diagnosi, un evento paranormativo, che può destabilizzare
l’intero sistema: il bambino deve comprendere e accettare ciò che sta
accadendo, mantenendo un’autostima adeguata, i genitori hanno il compito di
guidarlo nella scoperta delle sue abilità e accogliere le sue frustrazioni,
oltre ad accettare loro stessi la situazione; anche il ruolo degli altri membri
della famiglia è fondamentale, in quanto fonte di sostegno importante.
È
possibile che in queste situazioni ci si trovi sopraffatti da forti emozioni di
disagio, di rabbia e di paura.
Vediamo
insieme alcune delle difficoltà in cui si può trovare la famiglia:
- Il bambino può faticare a comprendere la situazione e sentirsi diverso e inadeguato rispetto ai suoi compagni;
- i genitori, per “proteggere” il figlio, possono sminuire il problema, non aiutandolo nel compito di accettare questo nuovo aspetto di sé; questo atteggiamento di negazione può portare a pretendere dal bambino cose che non può fare o, al contrario, non chiedergli assolutamente nulla;
- la famiglia può fare fatica a chiedere aiuto all’esterno, chiudendosi all’interno;
- nel caso in cui ci siano altri fratelli o sorelle, potrebbero sentirsi trascurati o poco importanti per le attenzioni rivolte al bambino con il disturbo, o eccessivamente sottopressione, in quanto si chiede loro di soddisfare aspettative più alte.
Dunque, cosa fare?
È importante
sapere che ogni famiglia ha in sé le capacità e le risorse per affrontare qualsiasi
cambiamento. Quando ciò risulta più difficile è utile chiedere un sostegno ad
uno specialista, che può accompagnare la famiglia in questo processo di
ristrutturazione.
Dott.ssa Valentina Marocco